Il 2022 è iniziato con una riforma del Codice del Consumo particolarmente importante per il mondo digitale perché impatta sulla operatività di tutti i siti di commercio elettronico.
Stiamo parlando della riforma prevista dal D. Lgs. del 4 novembre 2021, n. 170, in vigore dal 1° gennaio 2022.
La riforma riguarda alcuni profili del rapporto “ecommerce-consumatore” e deve essere ripresa nei termini di vendita del vostro shop online; in difetto, si rischiano contestazioni degli utenti o sanzioni delle Autorità.
Garanzia legale
La riforma rafforza gli obblighi informativi del titolare del sito di commercio elettronico in tema di garanzia legale.
La garanzia legale è da sempre uno dei diritti più importanti per i consumatori e per questo uno dei primi articoli del nostro blog è stato dedicato proprio a questo ambito (leggi il nostro approfondimento sul diritto di recesso).
In questi anni il legislatore ha riscontrato che l’informativa di molte condizioni generali di vendita era carente sotto diversi profili.
Ha quindi ritenuto di obbligare gli ecommerce a pubblicare una serie di informazioni nei loro termini di vendita.
Proprio per questo motivo, la riforma al codice del consumo prevede che il sito ecommerce debba informare l’utente in merito a:
- idoneità dei beni alle esigenze del consumatore;
- conformità dei beni alla descrizione, a quanto indicato nella pubblicità e nelle comunicazioni post-vendita;
- caratteristiche del prodotto venduto.
Non solo.
È fatto specifico divieto di occultare i costi al consumatore su servizi o beni che sono necessari per usufruire pienamente di quanto acquistato online.
Codice del Consumo 2022: termini da indicare nelle condizioni generali di vendita
La riforma introduce nuovi termini in tema di garanzia legale.
Sotto questo profilo, il Codice del Consumo già prevede che il sito ecommerce sia responsabile verso il consumatore di qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene che si manifesti entro due anni da tale momento.
Il Codice del Consumo prevede una presunzione sui difetti di conformità dei beni.
A seguito della riforma, la presunzione passa da 6 mesi a 12 mesi.
Questo significa che i difetti che si manifestano entro 12 mesi dalla consegna si presume che esistessero già al momento della consegna.
La riforma è molto impattante anche con riferimento ai siti di commercio elettronico che vendono prodotti digitali.
Infatti, per essi la presunzione viene addirittura estesa per tutta la durata della fornitura del prodotto digitale, a meno che tale ipotesi sia incompatibile con la natura del bene o con la natura del difetto di conformità.
💡 Consiglio di lettura
Termini & Condizioni e ODR: il vostro ecommerce è in regola?
Più tutela per il consumatore
La riforma rafforza anche i diritti del consumatore.
Rimangono a beneficio del consumatore i rimedi, in caso di difetto di conformità del bene, del ripristino della conformità, così come il diritto di ricevere una riduzione proporzionale del prezzo, oppure di richiedere la risoluzione del contratto alle condizioni previste dal Codice del Consumo.
Anche qui però una importante novità.
Il consumatore può rifiutarsi di eseguire il pagamento di qualsiasi parte di prezzo fino a quando il sito di commercio elettronico non adempie ai propri obblighi sulla garanzia legale.
La garanzia convenzionale
Se le condizioni stabilite nella garanzia convenzionale sono meno vantaggiose per il consumatore rispetto alle condizioni stabilite nella relativa pubblicità, la garanzia convenzionale vincola il venditore secondo le condizioni stabilite nella pubblicità relativa alla garanzia convenzionale.
Ciò vale a meno che la pubblicità associata sia stata corretta prima della conclusione del contratto secondo le stesse modalità, o con modalità simili a quelle in cui è stata resa.
L’obbligo è stato introdotto per cercare di frenare molta pubblicità fuorviante circa i reali benefici per il consumatore offerti dalla garanzia convenzionale.
Vendita di beni e servizi digitali
Le norme in vigore dal 1° gennaio 2022 prevedono che il sito ecommerce adempie l’obbligo di fornire il prodotto digitale quando:
- il contenuto digitale o qualunque mezzo idoneo per accedere al contenuto digitale o per scaricarlo è reso disponibile o accessibile al consumatore e
- il servizio digitale è reso accessibile al consumatore o a un impianto fisico o virtuale scelto da quest’ultimo.
Le novità incidono anche sui termini di modifica del prodotto/servizio digitale. Infatti, la modifica può avvenire solo:
- se previsto dalle condizioni generali con una motivazione valida,
- la modifica è realizzata senza costi aggiuntivi per il consumatore,
- il consumatore è informato in modo chiaro e comprensibile della modifica; o
- se la modifica incide negativamente sull’utilizzo del bene o servizio digitale, qualora il consumatore sia informato, con un anticipo ragionevole su un supporto durevole (es.: email), sulle modalità e il momento in cui viene effettuata la modifica e della sua possibilità di recedere dal contratto o circa la possibilità di mantenere il contenuto digitale o il servizio digitale senza tale modifica.
In caso di recesso dal contratto, il consumatore ha diritto a ricevere il rimborso del corrispettivo pagato.
I diritti del consumatore sono inderogabili
Come già accertato dalla prevalente giurisprudenza, i diritti del consumatore sono inderogabili.
Questo significa che qualsiasi clausola inserita nei termini di vendita e volta a escludere o limitare i diritti del consumatore a loro danno del consumatore, anche in modo indiretto e tramite l’indicazione della normativa di un Paese non appartenente all’Unione europea, è nulla.
Questa circostanza si può verificare anche quando si cerca di sottoporre la legge regolatrice delle condizioni di vendita a una normativa Extra-UE (ciò, con lo scopo di ridurre i diritti del consumatore).
La relativa clausola sarebbe nulla.
Le sanzioni
Quando si parla di obblighi legali molto spesso sorge questa domanda: cosa rischio se non mi adeguo?
Pubblicare termini di vendita difformi con gli obblighi imposti dalla riforma integra una “pratica commerciale scorretta”, posto che il sito informerebbe i propri clienti sui diritti ormai non più attuali.
In caso di una verifica della AGCM (l'Autorità che sanziona i siti ecommerce che violano il Codice del Consumo) il rischio di sanzioni è molto elevato: si parte da un minimo di 5.000 euro fino a un massimo di 5 milioni di euro.
Considera che le sanzioni sono in ogni caso sempre parametrate a diversi fattori come:
- gravità e durata del comportamento
- fatturato aziendale
- eventuale "riparazione" del sito di commercio elettronico.
Da una recente indagine condotta da LegalBlink, è emerso che per i siti ecommerce di piccole-medie dimensioni le sanzioni possono aggirarsi intorno a 25-30 mila euro, il che ovviamente non è poco.
Pertanto, il nostro consiglio è quello, qualora non l’abbiate già fatto, di adeguare i termini di vendita del vostro ecommerce alla riforma del Codice del Consumo il prima possibile.
NOTA BENE: Questo articolo è solo a scopo informativo e non ha valore di consulenza legale o professionale. Si prega di consultare un commercialista o avvalersi di una consulenza legale indipendente per informazioni specifiche relative alle vostre circostanze e al vostro paese di residenza. Shopify declina ogni responsabilità per l'utilizzo di queste informazioni.
Note sull’Autore Lorenzo Grassano (l.grassano@studiolegalegrassano.it) è titolare dello Studio Legale Grassano di Milano. Esperto di ecommerce e privacy law, assiste dal punto di vista legale siti e start-up italiani e stranieri. Da quando ha fondato LegalBlink, servizio di assistenza legale per web agency e merchant, acquista quasi tutto solo online.
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