La moda circolare può essere la soluzione alle problematiche legate alla sovrapproduzione e all'impatto climatico della fast fashion? Diamo il benvenuto sul blog a Rifò, una giovane realtà toscana che produce capi e accessori utilizzando fibre tessili rigenerate e rigenerabili con l'obiettivo di promuovere un concetto di moda più sostenibile e consapevole.
1. Ciao ragazzi, benvenuti sul blog di Shopify. Ci fate una breve introduzione? Cos’è Rifò, qual è il vostro background e cosa vi ha portato qui?
Rifò è un brand di moda circolare che produce una linea di abbigliamento fatta con fibre rigenerate, completamente prodotte nel distretto tessile della nostra città, Prato. In poche parole, con il supporto di realtà locali trasformiamo vecchi indumenti e scarti tessili in un nuovo filato che utilizziamo per realizzare le nostre collezioni. È stato fondato da Niccolò, che ha un background economico e ha lavorato in Vietnam nell’ambito di un programma delle Nazioni Unite, e oggi nel team ci sono designer e creativi, copywriter digitali, poliglotti, ma anche persone con anni di esperienza nello sviluppo di prodotti tessili. Rifò nasce dalla voglia di lanciare un progetto coraggioso con un’attenzione particolare rivolta alla sostenibilità e all’artigianato locale.
2. Come è nata la vostra idea? Avete individuato una nicchia di mercato specifica o c’è stata un’intuizione particolare che vi ha spinto a lanciare la vostra attività?
Niccolò ha avuto l’idea di fondare Rifò mentre si trovava in Vietnam, dove ha potuto vedere con i suoi occhi mucchi infiniti di vestiti abbandonati: questi non sono altro che i risultati della fast fashion e della sovrapproduzione creata da questo modello economico. Dopo un confronto con i suoi parenti che lavorano da sempre nel tessile, è rientrato in Italia per riprendere la tradizione della rigenerazione delle fibre tessili storicamente legata a questa città: anche se in pochi lo sanno, a Prato si riciclano fibre tessili e si fa economia circolare da più di 100 anni! Al tempo, nel settembre 2017, il tema del consumo sostenibile iniziava ad essere popolare in Europa, ma era ancora di nicchia in Italia. Quando Niccolò contattava i “cenciaioli” (i venditori ambulanti di stracci), molti di loro non capivano la sua ostinazione a vendere questo prodotto come “rigenerato” e non come “vergine” come prima veniva fatto, per nasconderne le sue origini.
3. Quali sono state le fasi iniziali del progetto e quante persone sono state coinvolte nel lancio? Come sono arrivate le prime vendite? Che ruolo ha ricoperto il crowdfunding?
Il brand è stato lanciato con una campagna di crowdfunding, promossa sui social media e tramite il passaparola: dopo appena 30 giorni sono stati ricevuti oltre 200 preordini (l’obiettivo iniziale) e la prima produzione di accessori invernali Rifò è partita. Il crowdfunding per noi è stato utile per valutare la domanda di mercato: in questo modo abbiamo analizzato prezzo, qualità e competitività dei prodotti proposti evitando eccessivi rischi finanziari collegati al magazzino e alla produzione iniziale.
4. Rifò oggi: qual è la vostra realtà odierna e quante persone fanno parte del team? Quali sono i vostri canali di vendita principali?
Oggi il team di Rifò è composto da circa 10 persone, che si occupano di tutti gli aspetti dell’azienda, da marketing e produzione a customer service e logistica. Il canale di vendita principale è il nostro ecommerce, accompagnato da altri marketplace europei specializzati in prodotti sostenibili. Inoltre, ci sono anche i negozi fisici: si tratta di negozianti indipendenti che, condividendo i nostri valori di qualità, sostenibilità e responsabilità, hanno iniziato a rivendere i nostri prodotti. Anche se Rifò nasce come brand digitale, crediamo che l’esperienza offerta da un bravo commerciante che svolge il suo mestiere con passione rimanga qualcosa di grande valore. Al momento contiamo oltre 150 negozi affiliati, di cui la maggior parte all’estero, e questo ci aiuta a diffondere i nostri prodotti anche dove non arriviamo ancora con la vendita diretta.
5. Parliamo del concetto di moda “emozionale”, un’evoluzione diretta dei principi di moda circolare e sostenibile sui quali si basa la vostra attività. Ci spiegate cosa significa per voi?
Crediamo che la sostenibilità applicata all’industria dell’abbigliamento voglia dire prima di tutto rallentare: non solo acquistare capi fatti di materiali che hanno un basso impatto sul pianeta, ma anche acquistare meno, pretendere qualità e tornare a dargli un valore. Quel valore che passa anche dal processo di acquisto e che ci porterà a non volersi separare da quel capo, a tramandarlo ai nostri figli e alle persone a noi care. Pensiamo infatti che la prima forma di sostenibilità sia tornare al modello del “maglioncino della nonna”, quel maglioncino che, sebbene sia strappato, rotto, macchiato, ci piace indossare perché ci racconta un ricordo, un’emozione, una sensibilità. La nostra azienda si basa sull’idea che tornare all’emozione sia la cosa più bella, più romantica che ci possa essere quando acquistiamo o indossiamo un capo, oltre a valorizzare la storia che quest’ultimo e gli artigiani che lo hanno realizzato raccontano.
6. Generalmente, moda e sostenibilità non vanno facilmente d’accordo: tuttavia, una soluzione alle problematiche di sovrapproduzione e sovraconsumo potrebbe essere la prevendita dei capi che offrite ai vostri clienti. Ce ne potete parlare?
A Rifò ragioniamo così: “perché scontare i prodotti che rimangono invenduti quando possiamo effettuare lo sconto prima di consumare inutilmente risorse preziose ed energia?”. Ecco perché abbiamo pensato di produrre solo quello che incontra effettivamente una domanda di mercato e offrire circa il 20% di sconto ai clienti che acquistano i capi facendo un ordine prima ancora che questi siano stati prodotti. Grazie alla nostra filiera corta e ai tempi flessibili, generalmente riusciamo a consegnare i prodotti nel giro di un mese abbattendo i costi di magazzino e ottimizzando la gestione dell'inventario. Questa soluzione, inoltre, ci permette di valutare la risposta del mercato alle idee di prodotto prima di investire grosse cifre nella produzione di una determinata variante (ad esempio, un colore esotico rispetto ad uno più classico).
Produrre in modo sostenibile sarà sempre più importante; auspicabilmente diverrà la norma e non l’eccezione.
7. La scelta di vendere i vostri capi in un numero limitato di pezzi in base ai risultati della prevendita è collegata a quella di “non offrire saldi, ma prezzi giusti 365 giorni l’anno”? In un mercato sempre più abituato a saldi e promozioni no-stop, qual è la risposta dei clienti a questa decisione?
Tutti noi viviamo con gli occhi puntati su uno schermo che ci invia continuamente notifiche e offerte. In realtà questo è molto frustrante, e secondo la nostra visione le persone sono stanche di essere considerate semplici consumatori. Certo, qualcuno lamenta un prezzo alto per i nostri prodotti, ma in generale c’è sempre più consapevolezza su come si compone il prezzo di un capo, e che se una t-shirt viene venduta a 5€, vuol dire che qualcuno è stato sfruttato per produrla. Ci vuole tanta passione e pazienza per raccontare il valore dietro i prodotti e le nostre produzioni, ma il riscontro positivo dei nostri clienti è ciò che ci motiva a farlo.
8. Parliamo di approvvigionamento e lavorazione delle materie prime. Da dove provengono i tessuti e in che modo vi assicurate che rispettino i vostri requisiti di etica e sostenibilità? E per quanto riguarda i tessuti rigenerati?
Tutto questo è possibile grazie ad una filiera di produzione cortissima: i nostri capi vengono prodotti nel raggio di 30 km dai nostri uffici, dalla rigenerazione della fibra, passando per la sua tessitura e fino alla sua confezione. Essendo molto vicini visitiamo costantemente gli artigiani e vediamo con i nostri occhi come lavorano. Inoltre, i nostri materiali godono di diverse certificazioni come il GRS (Global Recycling Standard) o RWS (Responsible Wool Standard), che vengono rilasciate da organizzazioni molto rigide. Per quanto riguarda i tessuti da rigenerare o i vecchi indumenti, a Prato esiste un vero e proprio mercato della materia prima “seconda” consolidato con gli anni. I nostri canali principali di approvvigionamento sono tre: scarti industriali provenienti in prevalenza da aziende italiane; vecchi indumenti delle associazioni che fanno raccolta; e un canale diretto. Le persone possono inviarci direttamente i loro vecchi maglioni di lana e cashmere facendo richiesta sul nostro ecommerce oppure portandoli presso alcuni negozi selezionati. Questa iniziativa fa parte del nostro progetto per coinvolgere le persone nel processo circolare e farle sentire parte di Rifò.
9. Quando si tratta di sostenibilità commerciale, il packaging ricopre un ruolo importante nella gestione dell’impatto ambientale delle vendite online. Ci parlate della vostra soluzione di packaging riutilizzabile Repack?
Siamo stati il primo ecommerce in Italia ad adottare questa soluzione proposta dalla startup finlandese. In pratica, chi la sceglie riceve l’ordine in un packaging riutilizzabile, che viene re-immesso nel circolo e riutilizzato per nuove spedizioni. Offriamo questo servizio allo stesso prezzo al quale lo paghiamo noi, 3 € per spedizione: a causa di questa scelta, inizialmente non eravamo sicuri della sua riuscita, ma anche in questo caso i nostri clienti ci hanno stupito e nel periodo natalizio è stato un servizio molto richiesto. Questo dimostra che le persone, o almeno una parte del mercato, sono disposte a pagare qualcosina in più in nome della sostenibilità. Grazie a Repack le persone che ordinano sul nostro ecommerce sanno che non si ritroveranno tra le mani packaging usa e getta pronto a finire nella spazzatura. Inoltre, una volta restituito il packaging Repack, le persone accedono ricevono un buono sconto utilizzabile presso una rete di ecommerce internazionali che utilizzano questo servizio.
📦 Per approfondire: Guida pratica al packaging sostenibile con esempi.
10. Siete molto legati alle vostre origini, tant’è che sul sito è possibile trovare un elenco dei fornitori locali con cui lavorate. Ma non solo, come azienda sostenete anche diverse associazioni. Ce ne potete parlare?
Per ogni acquisto effettuato sul nostro ecommerce doniamo 2 € ad un’associazione a scelta dell’utente per la realizzazione di progetti di impatto sociale. Si tratta di progetti concreti, portati avanti da persone con le quali c’è un rapporto diretto. In particolare Legambiente, ma anche associazioni locali come Cieli Aperti e Opera Santa Rita. Questo aspetto è molto importante per noi: in primis perché vogliamo restituire qualcosa alla comunità dove siamo nati e al tessuto sociale dal quale è nato Rifò, in secondo luogo crediamo che sia importante avere un impatto sociale concreto, su piccola scala e del quale si possono vedere e toccare con mano i risultati.
11. Il COVID-19 ha radicalmente cambiato le nostre abitudini di acquisto. Qual è stato l’impatto per la vostra attività e quali sono state le strategie che avete adottato in risposta all’emergenza sanitaria?
Durante il primo lockdown ne abbiamo un po’ risentito, ma piano piano la paura delle persone è arretrata per far spazio alla fiducia e soprattutto ad una nuova attenzione verso la sostenibilità e il concetto di “commercio di prossimità”. A quel punto abbiamo visto un aumento delle vendite dal nostro ecommerce, soprattutto nel periodo natalizio. Tutto ciò è imputabile sicuramente anche alla propensione sempre più forte ad acquistare online. Non abbiamo messo in atto nessuna strategia particolare nei confronti dei nostri clienti, abbiamo semplicemente continuato ad essere noi stessi.
Instaurare una relazione duratura con i clienti è il migliore investimento che si possa fare.
12. Quali sono, secondo voi, le prospettive future per il mercato della moda? Quanto sarà importante per le aziende che operano in questo settore adottare una strategia che riduca l’impatto ambientale e promuova la sostenibilità?
A nostro parere si va sempre più verso la direzione di consapevolezza. Le persone si interessano come mai prima ai materiali e al loro valore. Si produrranno meno collezioni ma con un valore più concreto. Produrre in modo sostenibile sarà sempre più importante; auspicabilmente diverrà la norma e non l’eccezione. L’aspetto più importante è che lo si faccia davvero, e non solo per limitati scopi di Greenwashing, che creerebbe più confusione nel mercato. Realtà come la nostra puntano non solo a produrre abbigliamento rispettando l’ambiente, ma anche a dialogare in modo costruttivo e trasparente con le persone, perché queste prendano coscienza e pretendano qualcosa in più da ogni brand sul mercato. Per concludere, la sostenibilità diventa sempre più importante, è il mercato che la richiede: speriamo che il cambiamento non sia una semplice tendenza ma avvenga per lo scopo di cambiare davvero le cose.
13. Uno sguardo al domani. Cosa dobbiamo aspettarci da Rifò?
Tanti nuovi prodotti sostenibili e sperimentazioni con le fibre tessili rigenerate. Ma anche l’ampliamento dei servizi per la raccolta dei vecchi vestiti e collaborazioni con brand e realtà interessanti. In particolare, come anticipato, crediamo molto nell’idea di coinvolgere le persone e altre organizzazioni nel processo di circolarità. Inoltre, ci piacerebbe avere una maggiore presenza all’estero, portare le nostre tradizioni in tutto il mondo e poter creare maggiori opportunità di lavoro nel nostro territorio.
14. Cosa avete imparato durante il percorso? Ci sono stati degli errori che vi hanno aiutato a crescere? Tornando indietro, c’è qualcosa che fareste in modo diverso?
Per noi Rifò è sempre stata un’esperienza, un'avventura, un viaggio dove ogni giorno speriamo di imparare e conoscere qualcosa di nuovo. Nel nostro percorso abbiamo fatto e continuiamo a fare tanti piccoli errori che ci permettono di migliorare e crescere. Tra quelli più evidenti sicuramente la decisione che avevamo preso di iniziare a investire in fiere all’estero (soprattutto in Scandinavia) poiché eravamo “galvanizzati” dall’interesse da parte dei negozi esteri verso i nostri prodotti. Tuttavia, ci siamo accorti che questo aspetto non fa parte delle nostre corde, non avevamo la struttura per supportare né era nostro interesse a farlo. Così, dopo la prima fiera a Copenhagen, ci siamo accorti che era meglio concentrarci sul negozio online, con l’idea che i rivenditori davvero interessati ai nostri prodotti e valori ci avrebbero contattato, e così sta succedendo.
15. Parliamo della gestione di un negozio online. Quando avete iniziato ad utilizzare Shopify e perché?
Siamo passati a Shopify a luglio 2020 con il supporto dell'agenzia Nama Studio - Shopify Partner: avevamo la necessità di un ecommerce integrato e performante, capace di sorreggere una mole di dati e un traffico in linea con una startup in piena crescita. In particolare, di Shopify ci ha sempre affascinato la semplicità del suo utilizzo anche per persone che non hanno un background “IT” e la sua scalabilità per eventuali future operazioni di internazionalizzazione.
16. Quali erano le vostre necessità e cosa cercavate in una soluzione di ecommerce?
Quando siamo passati a Shopify cercavamo una soluzione che ci permettesse di risolvere i problemi avuti con il precedente sito, soprattutto quelli di mobile performance e di page speed performance. Volevamo trovare una piattaforma che ci permettesse di impostare un ecommerce concepito per il mobile e facilmente integrabile con i social media più importanti come Facebook e Instagram.
17. In che modo Shopify ha semplificato e migliorato la gestione della vostra attività? Lo consigliereste?
Sì, lo consigliamo, in primis ci ha migliorato la vita per quanto riguarda la gestione più semplice delle varianti dei prodotti. In seguito abbiamo trovato molto comoda l’integrazione con altri ambienti commerciali, come Facebook Shops. Infine, adesso ci è molto semplice pensare e sviluppare in maniera “mobile-first”.
18. Per concludere, quali consigli dareste a chi vuole intraprendere un'attività o lavorare in un settore come il vostro?
Sicuramente di partire da un mercato di nicchia, da una clientela precisa, il settore della moda è così ampio e saturo che quando abbiamo iniziato eravamo spaesati. Ci chiedevamo spesso: come possiamo lanciare un nuovo prodotto di abbigliamento quando le persone hanno gli armadi strapieni? Con la nostra testardaggine abbiamo trovato la nostra nicchia in crescita, che continuiamo a coltivare ogni giorno. Un altro suggerimento è quello di partire “leggeri”, senza troppi costi fissi, costruire il prodotto o il servizio con il tempo e con i suggerimenti dei clienti. Infine, instaurare una relazione duratura con loro, che è il migliore investimento che si possa fare.
Continua a leggere
- 8 Consigli pratici su come scrivere una pagina chi siamo ed esempi creativi
- Vendere tute da uomo chic- la storia di Karlswrong
- Frab’s Magazines and More, lunga vita all’indiemag!
- Come portare online una pasticceria tradizionale- la storia di Pasticceria Citterio
- Noyoco- un negozio con la stoffa per una produzione responsabile
- American Uncle- come un'intuizione è diventata ecommerce di successo
- Venezia, barche storiche e motori hi-tech- la storia di Classic Boats Venice
- 16 idee regalo per gli amanti del buon cibo
- Storie di successo italiane- MondoPorter
- Nama Studio, per un ecommerce diverso e in costante evoluzione